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Gli acidi grassi omega-3 appartengono ad una categoria di acidi grassi poliinsaturi conosciuta come LCPUFA (Long Chain Polynsatureted Fatty Acids) che comprendono nella loro catena vari doppi legami. Essi sono definiti essenziali perché l'organismo umano non è in grado di produrli autonomamente e pertanto devono essere introdotti con la dieta.
Le fonti nutrizionali di acidi grassi omega-3 sono essenzialmente gli oli di alcuni pesci (salmone, pesce spada, tonno, sgombri, sardine, aringhe, quindi soprattutto il cosiddetto pesce azzurro) e fonti vegetali quali i semi di lino, i legumi, le noci, l'olio di soia(1).
I principali acidi grassi poliinsaturi omega-3 sono: l'acido alfa-linolenico (ALA), l'acido eicosapentaenoico (EPA) e l'acido docosaexanoico (DHA).
L'acido alfa-linolenico (ALA) è il precursore sintetico degli acidi grassi poliinsaturi omega-3 a catena lunga. È un acido grasso omega-3 di origine vegetale e si trova prevalentemente in alcune alghe, in alcuni legumi verdi ed in alcuni semi ad esempio quelli di lino. Dai semi del Lino (Linum usitatissimum L.) mediante estrazione per pressione a freddo, viene estratto un olio di colore giallo paglierino con un intenso odore ed aroma di noce, caratterizzato da un'elevata concentrazione di acido alfa-linolenico.
All'interno dell'organismo l'ALA è convertito in EPA e DHA, gli acidi grassi a lunga catena biologicamente attivi nei mammiferi.
La catena carboniosa dell'ALA contiene 18 atomi di carbonio e 3 doppi legami e per semplificazione si può indicare con C18:3n-3 dove il numero immediatamente successivo alla C indica il numero di atomi di carbonio dell'acido grasso essenziale, mentre quello che segue i due punti segnala quanti doppi legami sono presenti nella molecola.
All'interno del nostro organismo, l'ALA è parzialmente trasformato in EPA, dagli effetti più diretti sulla fisiologia del corpo umano.
L'EPA è un precursore di una
classe di molecole (gli eicosanoidi della serie 3) coinvolte nei
processi di flogosi o di crescita neoplastica.
L'EPA può
essere parzialmente trasformato in acido docosaexanoico se
nell'organismo vi è a disposizione una sufficiente quantità
di acido eicosapentanoico.
La catena carboniosa dell'EPA contiene 20 atomi di carbonio e 5 doppi legami (C20:5n-3).
Tale acido grasso, grazie ad una serie di reazioni enzimatiche, viene sintetizzato dall'acido eicosapentaenoico. L'acido docosaesanoico si ritrova prevalentemente nella composizione lipidica della membrana cellulare, soprattutto nei lipidi del cervello, dello sperma e della retina(2). La presenza in quantità adeguata del DHA nel latte materno è ritenuta fondamentale per uno sviluppo ottimale del cervello del bambino(3).
L'acido grasso DHA può essere anche riconvertito in EPA dagli stessi enzimi utilizzati principalmente per produrre il DHA. Quest'ultimo processo è molto difficile e poco efficiente ed è una delle ragioni per le quali l'integrazione alimentare di solo DHA (senza EPA) non ha un effetto così marcato sul controllo delle reazioni infiammatorie come l'integrazione di solo EPA. La catena carboniosa del DHA contiene 22 atomi di carbonio e 6 doppi legami (C22:6n-3).
Sia l'acido eicosapentaenoico che l'acido docosaesaenoico hanno un particolare importanza come precursori degli eicosanoidi.
Rappresentano una famiglia complessa
e numerosa di molecole costituite da 20 atomi di carbonio (Ikosi
significa 20 in greco) derivate da acidi grassi poliinsaturi. Sono sostanze in
grado di modulare alcune risposte endocrine. Sono rappresentati da
diverse famiglie di sostanze (prostaglandine, tromboxani,
leucotrieni, ecc.).
Dall'acido arachidonico (AA)
(omega-6) derivano molecole di eicosanoidi che rientrano in una
serie di risposte proinfiammatorie implicate pertanto nelle
reazioni allergiche, nella proliferazione cellulare e
nell'aggregazione piastrinica(4).
Il rapporto tra acido arachidonico (omega-6) e acido eicosapentaenoico (omega-3) risulta essere molto efficace per valutare l'equilibrio tra i diversi e contrastanti meccanismi di azione controllati dagli eicosanoidi.
Gli eicosanoidi più studiati sono senz'altro le prostaglandine.
Ne esistono più di 30 tipi,
suddivise in 3 famiglie: le famiglie PG1 e PG2 derivano dagli
acidi grassi omega 6, la famiglia PG3 deriva dagli acidi grassi
polinsaturi omega-3. Le prostaglandine PGE1 e PGE2 sono prodotte a
partire dall'acido linoleico, che si trasforma in acido
gamma-linolenico (GLA) grazie all'attività enzimatica della delta-6-desaturasi
e della elongasi.
Il GLA si trasforma a sua volta in acido diomogamma-linolenico
(DGLA) grazie ad una elongasi e poi in acido
arachidonico ad opera dell'enzima delta-5-desaturasi.
Il DGLA si trasforma in PGE1 e l'acido arachidonico in PGE2.
In modo analogo dall'acido linolenico, grazie a elongasi e delta-6-desaturasi,
si forma l'acido
eicoisapentenoico (EPA) che a sua volta, tramite delta-5-desaturasi, produce acido
docosaesaenoico (DHA).
L'acido alfa-linolenico, produce le prostaglandine di serie 3, che contrastano i meccanismi di flogosi.(5)
Le prostaglandine (PG1) possono svolgere le seguenti funzioni(6):Da quando, nel 1970, venne evidenziato che la popolazione Eschimese, pur introducendo con la dieta una elevata quantità di grassi, a differenza di quanto ci si poteva attendere in base ai criteri epidemiologici dei paesi occidentali, dimostrava una ridottissima incidenza di cardiopatia ischemica, sono apparsi inequivocabilmente chiari gli effetti benefici apportati da una aumentata introduzione di Acidi Grassi Polinsaturi Omega 3 su svariate patologie ed in particolare su:
Una serie di studi sperimentali ha dimostrato che un elevato apporto di acidi grassi n-3 può ridurre la tendenza alla trombosi anche negli animali, mentre altri studi sull'uomo hanno chiarito che l'assunzione di questi acidi grassi come supplementi alimentari modifica in senso favorevole la maggior parte dei fattori di rischio noti per la cardiopatia ischemica(18). Essi riducono inoltre la pressione arteriosa, la lipidemia e l'insorgenza di aritmie cardiache(19).
Nel 1985, ricercatori olandesi hanno pubblicato il primo studio prospettico di popolazione in cui si dimostrava, in un gruppo di 850 persone, una significativa riduzione dell'incidenza dei decessi imputabili a cardiopatia ischemica tra coloro che avevano fatto un moderato consumo quotidiano di pesce, rispetto a coloro che non ne avevano fatto uso. Da allora, numerosi studi epidemiologici hanno confermato che un moderato consumo di pesce grasso - ne bastano due/tre porzioni la settimana - proteggere dall'insorgenza di cardiopatia ischemica(20).
Molteplici studi mostrano che gli omega 3 sono in grado di alterare la composizione lipidica e modulare la struttura della membrana cellulare(21, 22).
Si è ipotizzato che i molteplici e positivi effetti degli acidi grassi omega-3 siano da attribuirsi ad una loro azione regolatoria che comprenderebbe, con diversi meccanismi, vari fattori di trascrizione tra i quali i PPARs (peroxisome proliferator receptors)(23, 24). Infatti, recentemente è stato evidenziato, in diversi studi, l'effetto regolatorio degli acidi grassi omega-3 sull'espressione genica in diversi tipi cellulari quali adipociti, enterociti, cellule immunitarie e nervose(25). Alcuni studi in vitro su cellule endoteliali incubate con acidi grassi omega-3(26) hanno anche riportato un effetto di inibizione di espressione del TNF-α e di citochine, importanti per la regolazione di molecole coinvolte nei processi di flogosi e degenerativi.
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